Il primo trapianto in Italia ha inizio.

In Quella notte

Padova. Si mobilitano un po’ tutti, ognuno per le rispettive competenze, dal Sovrintendente sanitario Luigi Diana al presidente dell’Usl 21 Giorgio Fornasiero, al Centro Trasfusionale diretto dal professor Giuseppe Ongaro e poi naturalmente il gruppo di Gallucci e tutti gli altri medici coinvolti, a cominciare dall’anestetista, il professor Gianpiero Giron. Parte una telefonata con relativa elencazione dei parametri antropometrici ed emodinamici di Francesco Busnello e di Ilario Lazzari, potenziale donatore e potenziale ricevente. La risposta è confortante: «Go on the matching is good and the transplant will be succesful!» Il commento di Phil Oyer è riferito a Gallucci. Ai chirurghi di Treviso, e in particolare al professor Ambrosi, è comunicato che il gruppo di Padova è disponibile al prelievo di cuore.

Una cosa è ormai certa: Lazzari è il candidato numero uno a ricevere il cuore. A Ilario non dicono niente per non agitarlo, per non correre il rischio di fargli vivere la delusione patita quindici giorni prima.

Milano. Dal Nitp la conferma. La dottoressa Claudia Pizzi esegue tutte le analisi di compatibilità e comunica che è tutto a posto, il trapianto è tecnicamente possibile.

Treviso. Ambrosi fa sapere a Gallucci che sul corpo di Francesco Busnello è previsto anche il prelievo dei reni e che prima del cuore bisogna eseguire la laparotomia e isolare i reni. La complicazione però potenzialmente può compromettere le condizioni emodinamiche del donatore e Gallucci chiede ad Ambrosi di soprassedere al prelievo dei reni. Si decide di procedere con il solo cuore. Oggi una situazione del genere non sarebbe accettabile, tanto più che in un donatore sono prelevati contemporaneamente più organi. Sembra però una maledizione, ma all’orizzonte appare l’ennesimo intoppo burocratico. L’ospedale “Ca’ Foncello” non è autorizzato dal Ministero della Sanità a compiere operazioni di prelievo. L’ostacolo può essere superato solo con un’autorizzazione firmata dalla Procura della Repubblica. Si intrecciano le telefonate, si cerca affannosamente il Procuratore. I medici continuano a tenere sotto controllo il movimento enzimatico di Francesco. È preparata la sala operatoria. In caso di autorizzazione del magistrato bisogna essere pronti ad operare. Il cuore deve essere trasportato a Padova in breve tempo, in meno di due ore. L’organo deve essere conservato in una sorta di cappelliera a tenuta stagna. Dentro un sacchetto di plastica è immesso liquido congelante, acqua e ghiaccio. La temperatura va mantenuta leggermente sopra lo zero. Il periodo di osservazione di dodici ore scade alle 23, solo allora si può riunire la commissione composta da un medico legale, da un anestetista rianimatore e da un neurologo esperto in elettroencefalogramma. I dottori Dagnotti, Pozzobon e Spino devono esprimere un giudizio unanime sull’avvenuta morte del candidato donatore.

È l’ultimo atto di una lunga fase di preparazione. Quando è superato il termine legale si inizia con il prelievo del cuore dal corpo di Francesco. Sono le ore 23.15, l’avventura del primo cuore trapiantato in Italia ha inizio. Milano esce di scena, adesso l’asse è tutto tra Treviso e Padova. È qui, nella città del Santo, che si giocherà la partita più delicata. L’Italia intera, grazie ai media nazionali, va a dormire cosciente che si sta consumando un evento storico e straordinario per il nostro Paese.

Per un pugno di uomini e donne sarà la notte della vita.